La porzione meridionale del massiccio del Pollino è conosciuta nella letteratura sismologica come una sede di gap sismico [Valensise et al., 1994; Valensise e Guidoboni, 1995; Cinti et al., 1997; Michetti et al., 1997] nonostante la presenza di alcuni lineamenti strutturali ben conosciuti e considerati attivi come la faglia del Pollino e la faglia di Castrovillari. La concomitanza di faglie attive e di scarsa sismicità storica richiede un’analisi approfondita, soprattutto in considerazione della lunga sequenza sismica locale iniziata nel 2010 e culminata nell’evento del 26 ottobre 2012 (Mw 5.0). Secondo il catalogo sismico CPTI11 [Rovida et al., 2011] il massimo terremoto locale è quello dell’8 gennaio 1693 (Mw 5.7) oggetto del presente studio. Si tratta di un evento sconosciuto alla tradizione sismologica italiana, scoperto di recente [SGA, 1994; Guidoboni e Mariotti, 1997; Guidoboni et al., 2007] e ancor più recentemente inserito nel Database Macrosismico Italiano [DBMI11, Locati et al., 2011] e quindi in CPTI11 [Rovida et al., 2011]. Il principale motivo per cui l’evento è rimasto così a lungo sconosciuto è di natura cronologica: esso infatti precedette di poche ore il primo degli eventi principali della sequenza che devastò la Sicilia Orientale nel gennaio 1693, causando estese distruzioni e lasciando un’impronta molto duratura nelle fonti storiche e nell’immaginario collettivo. Questa coincidenza, amplificata dalle caratteristiche del sistema di circolazione delle informazioni del periodo, e cioè l’essere incentrato sulla meraviglia e sulla spettacolarizzazione della narrazione [Benigno, 2013] ha probabilmente, in una prima fase, contribuito a far confondere l’evento del Pollino con la sequenza siciliana, rendendolo poi invisibile agli autori di compilazioni sismologiche suc-

Published: 2024-02-09