La caldera risorgente dei Campi Flegrei è, insieme ai vulcani Somma-Vesuvio, Ischia e Procida, uno degli elementi dominanti dell’assetto geologico e morfologico dell’area napoletana. Si tratta di un sistema vulcanico ancora attivo la cui persistente attività è testimoniata dall’ultima eruzione, avvenuta nel 1538, dall’intensa attività fumarolica e idrotermale che perdura da millenni e dai frequenti eventi bradisismici, con deformazione del suolo accompagnata da sismicità e variazioni delle caratteristiche chimico-fisiche dei fluidi emessi dalle fumarole. La caldera comprende la parte occidentale della città di Napoli e si estende nel Golfo di Pozzuoli. La caratteristica principale dell’attuale attività vulcanica della caldera è il movimento lento del suolo a carattere episodico e di grande ampiezza (bradisismo), accompagnato da un’intensa e superficiale attività sismica che si verifica in generale durante la fase di sollevamento. Nel periodo di massimo abbassamento – risalente probabilmente al medioevo – alcuni studi dimostrano che il livello del suolo era tra i 7 e i 10 m più basso rispetto all’epoca di costruzione del Serapeo nel I sec. d.C.. Nel 1500 un’importante crisi di sollevamento determinò un innalzamento complessivo dell’area di circa 17 m e precedette l’eruzione del Monte Nuovo, avvenuta nel 1538. Dopo l’eruzione iniziò invece un periodo di lenta subsidenza. In tempi più recenti, precisamente nel 1969-72 e nel 1982-84, si sono verificate due crisi bradisismiche, accompagnate da attività sismica, che hanno portato a un sollevamento del suolo complessivo di circa 3.5 m [De Natale et al., 2006]. Durante la prima delle due crisi si registrò un sollevamento del suolo di circa 1.7 m, al quale seguì una lenta subsidenza fino al 1982. Fra il 1982 e il 1984 si ebbe un nuovo sollevamento del suolo di 1.8 m [Berrino et al., 1984] accompagnato da oltre 15.000 terremoti per lo più localizzati a terra, il maggiore dei quali avvenne il 4 ottobre 1983 e fu di magnitudo 4.0 [Branno et al., 1984]. Dal 1985 il suolo ha ripreso ad abbassarsi, sebbene con alcuni periodi di sollevamento di breve durata e di minore entità [Del Gaudio et al., 2010]. Questi periodi sono di frequente accompagnati da sciami sismici, l’ultimo dei quali si è registrato il 7 settembre 2012 con circa 200 eventi (http://www.ov.ingv.it/ov/it/campi-flegrei/monitoraggio/275.html). Nell’area vulcanica dei Campi Flegrei è operativo un sistema di monitoraggio costituito da varie tipologie di reti di strumenti, tutti in acquisizione in tempo reale, in continuo e centralizzati presso il Centro di Monitoraggio dell’INGV in Napoli. In particolare, una rete sismica e infrasound di 12 stazioni per il monitoraggio continuo della sismicità, una rete geodetica costituita da 13 stazioni GPS e 5 mareografi per le deformazioni del suolo [De Martino et al., 2007; Ricco et al. 2007; Bottiglieri et al., 2010; D’Auria et al., 2011]. Queste reti sono integrate da sensori geochimici per il monitoraggio delle fumarole e delle emissioni di gas presenti nell’area [Chiodini et al., 2010] e da una serie di telecamere termiche [Sansivero at al., 2012]. Inoltre, nell’area sono effettuate periodiche campagne per la misura di parametri geofisici e geochimici [Del Gaudio et al., 2010; Bianco et al., 2010; Chiodini et al., 2011; Camacho et al. 2011]. La figura 1 riporta l’ubicazione delle varie reti di monitoraggio dei Campi Flegrei. La fitta rete di monitoraggio ha permesso di dettagliare la dinamica dei Campi Flegrei e di definire la distribuzione dei movimenti del suolo, lasciando però scoperta la parte sommersa della caldera. Tutte le indagini svolte hanno individuato, sia nelle fasi di sollevamento che in quelle di abbassamento, che la misura della massima deformazione è osservata nella città di Pozzuoli. La mancanza di dati a mare, però, non permette di definire con esattezza la posizione del punto di massimo sollevamento. I modelli interpretativi che hanno tentato di definire anche la posizione del punto di massima deformazione, sempre calibrati con dati rilevati a terra, sono discordanti; alcuni indicano che il punto di massima deformazione è centrato a terra sulla fascia costiera [Berrino et al., 1984], altri invece suggeriscono che la massima deformazione sia localizzata nel Golfo di Pozzuoli [Beauducel et al., 2004]. Un primo tentativo di realizzazione di un sistema permanente di misure geofisiche nel Golfo di Pozzuoli è stato realizzato nel 1989 con l’installazione di una Boa Oceanografica (ODAS Italia 2) [Berrino, 1989] che, per una serie di motivi, in particolare di tipo logistico, non ebbe successo. Più recentemente, nel Golfo di Pozzuoli è stato realizzato sistema osservativo geofisico, denominato CUMAS (Cabled Underwater Multidisciplinary Acquisition System), costituito da una boa attrezzata con sensori multiparametrici con trasmissione dei dati in continuo e in tempo reale al Centro di Monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano, in Napoli (figura 2). Tale sistema è costituito da una boa, tipo meda elastica, a cui è connesso tramite cavo un modulo sottomarino posizionato ad una profondità di circa 100 metri equipaggiato con un sensore sismico a larga banda, un accelerometro, un idrofono a bassa frequenza, un sensore di pressione di precisione e sensori di stato [Iannaccone et al., 2009; 2010]. Dal mese di novembre 2011, la torretta della parte fuori acqua della meda ospita anche una stazione GPS in continuo integrata nella rete permanente GPS dell’area. Questa è stata installata con l’obiettivo di verificare la possibilità di utilizzare questo tipo di metodologia per la stima delle deformazioni verticali del suolo in corrispondenza della base della boa sul fondale marino. La boa infatti, essendo del tipo meda elastica, è rigidamente collegata alla zavorra posta sul fondo del mare mediante un cavo di acciaio; il galleggiante di spinta, posto a mezz’acqua, ha la funzione di mantenere in trazione il cavo di sostegno (figura 2). In questo modo, la parte emersa della boa è del tutto indipendente dalle variazioni di livello del mare, per cui eventuali movimenti verticali del suolo si trasferiscono rigidamente alla parte emersa della boa stessa consentendone pertanto la misura mediante l’utilizzo della stazione GPS. Analisi preliminari su i dati GPS acquisiti durante più di un anno di registrazione continua evidenziano un chiaro sollevamento del suolo del fondo del mare [De Martino et al., 2012] in accordo con il pattern deformativo definito dalle stazioni in terraferma. A integrazione del sistema CUMAS è attualmente in fase di realizzazione un progetto triennale finanziato dal MIUR, PON-MONICA (MONitoraggio Innovativo delle Coste e dell’Ambiente marino), finalizzato alla realizzazione di un prototipo dimostratore di infrastruttura di monitoraggio con cavo sottomarino interrato nel fondale. Il progetto SIMON (Sistema Integrato Sottomarino per il monitoraggio di bradisismo), finanziato dal FESR Regione Liguria su un bando relativo al Distretto Ligure per le Tecnologie Marine, si prefigge lo sviluppo e sperimentazione di sensori innovativi per misure sismiche e gravimetriche su fondo marino. I sensori, sono attualmente in fase di prototipizzazione e saranno sperimentati nel Golfo di Pozzuoli in una successiva sperimentazione.

Published: 2024-02-13

RICAMAR2013: RIlievi per la Caratterizzazione dell’Ambiente MARino nel Golfo di Pozzuoli. Rapporto sull’attività 13 – 31 maggio 2013

Cosmo Carmisciano, Luca Cocchi, Giovanni Iannaccone, Giovanna Berrino, Giuseppe De Natale, Giovanni Chiodini, Stefano Caliro, Filippo Muccini, Paolo Stefanelli, Giovanni Orsi, Francesco Italiano, Maria Fabrizia Buongiorno, Salvatore Stramondo, Christian Bignami, Marco Polcari, Malvina Silvestri

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