La fotogrammetria di tipo SfM (Structure from Motion) offre una grande versatilità nelle operazioni di rilievo e di restituzione. La caratteristica più importante che permette di applicare tale tecnica a un ampio intervallo di distanze di osservazione, è la risoluzione delle immagini intesa sia come quantità che come qualità dei pixel che le compongono. Con la stessa camera fotografica digitale, dotata di un buon sensore (CMOS) e operando in buone condizioni di luce, si possono acquisire immagini su grandi o brevi distanze con focali che possono variare tra gli estremi del grandangolo e del teleobiettivo. La fotogrammetria può essere così applicata a elementi di varie dimensioni: da grandi strutture quali i versanti, i terreni e gli edifici, fino ai manufatti e ai reperti archeologici anche molto piccoli. Si tratta quindi di utilizzare uno strumento versatile come una camera digitale per riuscire a lavorare su scale e precisioni specifiche a seconda dell’ambito di lavoro. Nella scala del rilievo di una parete rocciosa (alcune centinaia di metri) si ottengono modelli digitali derivati con precisioni centimetriche, nella scala di applicazioni da brevissime distanze su piccoli oggetti, si raggiungono precisioni assai più elevate, fino a qualche centesimo di millimetro. In questo rapporto tecnico si mostrano alcune prove di rilievo SfM effettuate sui reperti archeologici conservati al Museo Delta Antico di Comacchio (FE) per osservare il tipo di precisione e accuratezza ottenibile e valutare l’utilità del metodo di lavoro utilizzato per applicazioni future all’intera collezione.
Pubblicato: 01-07-2022