Nel presente lavoro è descritto un approccio sperimentale mirato alla stima della risoluzione di nuvole di punti ottenute da analisi di fotogrammetria digitale di tipo Structure-from-Motion (SfM). I risultati ottenuti rappresentano un secondo step e non un punto di arrivo, poiché la finalità di questa esperienza è valutare se il metodo utilizzato permette di estrarre informazioni sulla precisione e sulla risoluzione dei modelli ottenuti e metterle in relazione con i parametri del rilievo legati sia alle caratteristiche delle camere utilizzate che alla loro disposizione nello spazio. Si ricorda brevemente che la fotogrammetria SfM si basa su algoritmi, del tutto compatibili con risorse di calcolo ormai comunemente disponibili (indicativamente sistemi dotati di microprocessori Intel i7 o equivalenti, RAM da 16 Gbyte, scheda video con architettura CUDA) che permettono di creare modelli tridimensionali realistici a partire da un set di immagini scattate senza alcun tipo di vincolo sulle posizioni delle camere utilizzate. La tecnica SfM è stata già ampiamente descritta in [Pesci et al., 2015; Pesci e Teza, 2016; Pesci et al., 2016; Teza et al., 2016]; è tuttavia opportuno sottolineare come una caratteristica fondamentale di detta tecnica sia la registrazione automatica in uno stesso sistema di riferimento delle immagini di partenza. Nel caso in cui sia utilizzata una procedura di allineamento di tipo feature-based, questa è attuata attraverso i seguenti passi [Granshaw e Fraser, 2015]: (i) riconoscimento di particolari mediante operatori morfologici; (ii) memorizzazione di dati atti a descrivere l’intorno di ciascun particolare individuato; (iii) confronto tra gli intorni dei punti, nelle singole immagini, e individuazione dei punti omologhi; (iv) verifica delle corrispondenze individuate in (iii) mediante tecnica RANSAC (RANdom SAmple Consensus) [Fisher e Bolles, 1981]. Altri algoritmi di registrazione automatica, di tipo area-based, operano il riconoscimento automatico di aree corrispondenti utilizzando o la correlazione incrociata o la correlazione di fase o, ancora, l’informazione mutua tra le immagini, eventualmente col supporto di tecniche di ottimizzazione come il simulated annealing. Interessanti considerazioni sul confronto di vari pacchetti software per SfM sono riportati da [Remondino et al., 2015]. Il risultato del trattamento dati SfM è una nuvola di punti molto densa e fotorealistica, da cui è possibile altresì trarre un modello digitale 3D, del pari fotorealistico. È importante sottolineare il fatto che, nel caso in cui il trattamento delle immagini sia completamente automatico e non sia assegnata alcuna informazione a priori su punti di controllo a terra o sulle posizioni assunte dalla fotocamera, si ottiene una nuvola di punti definita a meno di un fattore di scala. Si tratta dunque, in generale, di assegnare un valido fattore di scala, cosa che è possibile attuare in vari modi: (i) fornendo le posizioni relativamente precise della fotocamera (ottenute, ad esempio, mediante ricevitore GPS incorporato), (ii) fornendo le posizioni di alcuni punti di controllo a terra (Ground Control Points, GCPs) riconosciuti anche in alcune immagini e acquisiti mediante misure GPS differenziali rapido-statiche oppure misure con stazione topografica totale, (iii) una combinazione dei casi precedenti, o anche (iv) attribuzione del fattore di scala a posteriori. Nei casi (i)-(iii) il fattore di scala, come pure la contestuale georeferenziazione, è ottenuto durante la generazione della nuvola di punti e quindi utilizzando il software SfM. Nel caso (iv), invece, esso è ottenuto successivamente alla generazione della nuvola di punti stessa, utilizzando un software esterno, ad esempio un tipico pacchetto di analisi dati forniti da laser scanning terrestre (TLS). Una stima precisa dell’errore associato al processo di ricostruzione fotogrammetrica non è facile in quanto non inclusa nel processo stesso, anche se i software concepiti per SfM certamente consentono di stimare gli errori nel caso dei GCPs come differenze tra le posizioni reali e quelle modellate, però, giocoforza, limitatamente ad essi. Nel caso in cui non si faccia invece uso di GCPs, la stima degli errori è molto più complessa. In lavori precedenti [applicazioni architettoniche: Pesci e Teza, 2016; applicazioni su scenari naturali: Pesci et al., 2016] è stato mostrato come la possibilità di identificare particolari morfologici sulla nuvola di punti o sul modello sia strettamente legata alla buona copertura del sistema osservato, alla posizione spaziale e all’orientamento della fotocamera (o della serie di fotocamere) utilizzate. In tali lavori, il confronto tra le nuvole di punti ottenute con SfM e quella dovuta ad un rilievo TLS ha evidenziato un ottimo accordo generale, con medie centrate sullo zero e deviazioni di pochi millimetri nonostante fosse chiara l’esistenza di alcuni effetti sistematici, pur contenuti, che tendono a comparire ogniqualvolta la modellazione fotogrammetrica è ottenuta con un numero esiguo di immagini (3 o 4). In [Pesci e Teza, 2016], in particolare, era stato altresì suggerito uno schema operativo per l’attuazione di un esperimento mirato ad una più esaustiva comprensione della precisione associabile ai modelli SfM. L’esperimento allora prospettato è l’oggetto del presente lavoro.

Published: 2021-10-15