Il contesto legale e socio-economico per la commercializzazione delle attività museali della sede storica della Sezione di Napoli, INGV “Osservatorio Vesuviano”
Vol. 282 (2014)

Questo documento è finalizzato a definire le norme procedurali per la commercializzazione dei musei e delle relative attività divulgative dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e si basa sullo studio del contesto turistico nel quale la Sede Storica della sezione di Napoli, polo di attrazione per studiosi e visitatori locali e stranieri, è inserita. Al momento, tuttavia, l’ingresso è totalmente gratuito e manca una qualsiasi forma di ristoro o aerea commerciale . Questi punti di debolezza , nonostante le grandi potenzialità di sviluppo socio-culturale del luogo, rendono obbligatoria una riflessione su appropriate soluzioni economiche e giuridiche, per assicurare gli strumenti strutturali e raggiungere l’obiettivo in modo efficace. Lo studio è stato effettuato prendendo in considerazione l’attuale assetto giuridico dell’INGV prescindendo eventuali gestioni indirette delle attività di commercializzazione, quali: istituzioni, fondazioni, consorzi e altri soggetti costituiti o partecipati in misura prevalente dall’Amministrazione. Quest’analisi riporta la definizione di Ente Commerciale e fornisce il quadro giuridico INGV per la commercializzazione delle attività museali nonché I requisiti per l’iscrizione al Repertorio Economico Amministrativo della Camera di Commercio (REA), il regime fiscale, e gli adempimenti e le regole per l’introduzione di una forma di bigliettazione.

Le attività di Pronto Intervento Sismico dell’INGV a seguito del terremoto del 29 dicembre 2013 (area del Matese)
Vol. 281 (2014)

A seguito della sequenza sismica iniziata il 29 dicembre 2013 con il terremoto di magnitudo (ML) 4.9 alle 16.08 UTC, localizzato tra le province di Caserta e di Benevento dai sismologi in turno presso la sala di sorveglianza sismica [Basili, 2011] dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), sono stati predisposti diversi interventi volti a migliorare il monitoraggio sismico e geodetico nell’area interessata dalla crisi sismica. L’azione coordinata tra il personale dell’INGV delle sedi di Roma e di Grottaminarda (Avellino) ha consentito, fra le diverse attività, il ripristino delle stazioni sismiche permanenti della Rete Sismica Nazionale (RSN [Amato and Mele, 2008; Delladio, 2011]) esistenti in zona ma mal funzionanti durante le prime ore della sequenza, e l’installazione ex-novo di due stazioni temporanee in trasmissione UMTS a sud-ovest e a sud-est dell’area epicentrale. Benché la copertura dell’area non fosse ottimale, è stato sempre garantito il servizio di sorveglianza sismica avendo localizzato terremoti ben al di sotto della soglia di comunicazione definita nella Convenzione1 vigente tra INGV e Dipartimento della Protezione Civile (DPC) pari a ML ≥ 2.5. Nelle prime 24 ore della sequenza sono stati infatti localizzati più di 70 terremoti di magnitudo compresa fra 1.0 e 2.0. In questo breve rapporto tecnico sono illustrate, dopo un inquadramento della sequenza sismica e del contesto sismologico in cui si colloca, le considerazioni che hanno portato all’attivazione del Pronto Intervento Sismico INGV, le attività svolte e le tempistiche rispettate.

Implementazione di un sistema di monitoraggio sismico dell’area garganica
Vol. 280 (2014)

La realizzazione della rete sismica sul promontorio del Gargano, prevista dal progetto OTRIONS, èstata ultimata il 23 Aprile 2013; da questa data I dati acquisiti dalla rete sono disponibili per il progetto.Molti eventi sismici sono stati registrati durante I primi due mesi di attività della rete. In questo report vienedescritta l’infrastruttura realizzata per il monitoraggio sismico dell’area garganica con particolare attenzioneal sistema di acquisizione, archiviazione, processamento ed analisi delle tracce sismiche registrate dalla reteOTRIONS.Il sistema è basato sull’utilizzo del software Seiscomp3, sviluppato dal GFZ di Potsdam, per lagestione in tempo reale dei dati digitali provenienti dalle stazioni sismiche remote.

Il laboratorio di Diffrattometria a raggi X dell’Osservatorio Vesuviano (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Napoli): identificazione e stima quantitativa delle fasi in campioni polverizzati
Vol. 279 (2014)

La diffrattometria ai raggi X (X Ray Diffraction, XRD) è una metodologia per l'analisi mineralogica di campioni di diversa natura probabilmente tra le più antiche della scienza moderna ed usate preminentemente nel campo geologico/ambientale e tecnologico. In passato, le voluminose e complesse geometrie delle strumentazioni ed i lunghi tempi di acquisizione, rendevano ostico l’uso di tale metodologia; negli ultimi decenni, grazie a strumentazioni di elevata precisione ma di semplice utilizzo cui si interfacciano software sempre più sofisticati, la diffrattometria a raggi X ha trovato un enorme utilizzo in diversi campi scientifici e tecnologico-applicativi. Attualmente, il diffrattometro a raggi X è considerato uno strumento di base per l’identificazione e lo studio di materiali solidi, che vanno dai campioni di rocce ai minerali, dai suoli ai prodotti industriali, dai reperti archeologici ai materiali extraterrestri, ecc., Ciò è dimostrato dalla grandissima diffusione di tale strumentazione nei laboratori di molti istituti di ricerca, delle università e dell’industria. La versatilità della tecnica analitica e l’affinità con le attività svolte dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, nonché le competenze pre-esistenti presso l’Osservatorio Vesuviano, hanno incoraggiato l’acquisto di un diffrattometro a raggi X per polveri. Il diffrattometro X’ PERT PRO della PANalytical su polveri (X Ray Powder Diffraction, XRPD) installato a Napoli ad ottobre 2012, grazie al finanziamento del progetto VULCAMED, ha permesso di potenziare le infrastrutture di rilevanza scientifica e strategica esistenti per la ricerca vulcanologica e geotermica, per il monitoraggio dei pericoli naturali, per la sicurezza del territorio e per il controllo ambientale. Lo strumento consente l'analisi mineralogica sia qualitativa, che quantitativa su ridottissime porzioni di campioni multifasici opportunamente polverizzati, grazie all’acquisizione estremamente performante degli spettri di diffrazione e l’ottima capacità e praticità di elaborazione dei dati ottenuti mediante il software specifico di gestione dati (cfr. Hight Score Plus®). Questa strumentazione, grazie ad un upgrade futuro, potrà essere utilizzata per la determinazione di strutture cristalline, dimensioni e morfologia dei cristalliti e orientazioni cristallografiche, per l’analisi di campioni in camere termiche, su film sottili ed esemplari e campioni di rocce tal quali, quest’ultimi di volumi con peso fino al chilogrammo; quest’ultima applicazione sarà particolarmente interessante per uno studio mineralogico non distruttivo di reperti museali, archeologici e geologici. In questo lavoro, dopo un breve cenno sui principi teorici e le applicazioni della diffrazione ai raggi X, riportiamo le principali caratteristiche strumentali del diffrattomentro in dotazione all’Osservatorio Vesuviano e del software di gestione, nonché la procedura analitica dell’X’ PERT PRO – PANalytical. A titolo di esempio, si riportano altresì alcuni risultati diffrattometrici ottenuti su: 1) materiali da carotaggi di varia tipologia, quali carote dei pozzi realizzate nell’ambito del progetto dell’esplorazione geotermica dei vulcani campani effettuata dalle società AGIP ed ENEL e cuttings estratti durante la realizzazione del pozzo pilota presso Bagnoli nell’ambito dl progetto internazionale CFDDP; 2) campioni provenienti da giacimenti minerari auriferi, analizzati su richiesta del Natural History Museum di Londra (NHM) nell’ambito della convenzione tra OV-INGV e NHM (Protocollo Generale U-0011938 del 09/09/2013); 3) pomici e scorie dell’attività flegrea, nell’ambito di una collaborazione scientifica con l’Università di Camerino e il SYRMEP Group-Elettra-Sincrotrone di Trieste; 4) rocce mineralizzate del giacimento minerario ad ossidati di Zn di Jabali (Yemen), per la quantificazione dei componenti metalliferi e non-metalliferi.

NETHIX WE-120: un dispositivo di telecontrollo per l’ottimizzazione di sistemi di trasmissione di dati sismologici in tempo reale
Vol. 278 (2014)

In questo lavoro è descritto l’utilizzo del Nethix WE120 (http://nethix.com/it/), un modem GSM/GPRS quad band dotato di scheda sim e antenna che permette la supervisione (ed in caso di necessità la riattivazione) a distanza di dispositivi e sistemi elettronici tramite l’invio di sms da telefono cellulare. Il Nethix WE120, dopo una fase di test in laboratorio, a partire dal mese di Marzo 2013 è stato installato presso alcune stazioni della rete Accelerometrica INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, http://ismd.mi.ingv.it), installate in Italia settentrionale (http://rais.mi.ingv.it/) e gestite dalla sezione di Milano. In questo specifico contesto, il Nethix WE120 è utilizzato per ottimizzare la funzionalità dei routers UR5 (http://www.conel.cz), ovvero dei dispositivi di trasmissione che, sfruttando lo standard di telefonia mobile GPRS/EDGE (2G) o UMTS/HSDPA (3G), inviano in tempo reale i dati accelerometrici dalle stazioni remote alla sala sismica dell’INGV di Milano. In generale i sistemi elettronici che inviano dati in tempo reale ai centri di acquisizione sfruttandolo standard di telefonia mobile (economicamente conveniente rispetto ad altri tipi di trasmissione) risentono molto spesso della debolezza o addirittura dell’assenza temporanea della copertura del campo telefonico in alcune ore e/o giorni dell’anno. Inoltre, il dispositivo UR5, utilizzato dalle stazioni accelerometriche gestite dalla sezione di Milano, va periodicamente in blocco con la conseguente interruzione della trasmissione dati. In questo specifico caso il ripristino deve necessariamente essere effettuato in sito da un operatore per mezzo di una semplice operazione di reboot del dispositivo (i.e. manualmente tramite stacco e successiva riattivazione dell’alimentazione elettrica). Per superare questo problema, il dispositivo Nethix WE120, è stato installato a monte del sistema di trasmissione dati ed agendo come un semplice interruttore elettrico consente di interrompere, per un numero di secondi stabilito a priori, il flusso di corrente al router consentendone il reboot e di conseguenza il ripristino della trasmissione dei dati.

GARGANO2013. Misure idro-oceanografiche e accelerometriche con Nave ‘Palinuro’ nel promontorio del Gargano. Rapporto sull’attività 29 giugno – 6 luglio 2013
Vol. 277 (2014)

In questo lavoro viene descritta la campagna geofisica e idro-oceanografica ‘GARGANO2013’ effettuata grazie ad una collaborazione tra INGV e Marina Militare Italiana nell’ambito di un accordo di collaborazione denominato CONAGEM (Coordinamento Nazionale per la Geofisica Marina). Tale accordo, siglato nel 2005 fra i principali enti pubblici di ricerca che operano in mare, prevede infatti la possibilità di attuare congiuntamente campagne di ricerca marine condividendone dati e risultati. La campagna è stata organizzata con la finalità di raccogliere quanti più possibili elementi utili a caratterizzare l’area marina del Gargano sotto un profilo ambientale predisponendone un quadro di riferimento per successive attività di monitoraggio delle fenomenologie presenti nell’area di indagine. In quest’ottica, l’obiettivo prefissato era la mappatura di eventuali affioramenti di acque dolci in mare. Contestualmente, è stata eseguita la sperimentazione di prototipi strumentali per future applicazioni a bordo nave: in particolare, sono state eseguite misure di tipo accelerometrico al fine di caratterizzarele sollecitazioni dinamiche cui sono sottoposti gli strumenti a bordonave ottenendo così utili informazioni per lo sviluppo di nuove tecnologie quali piattaforme inerziali per uso scientifico e strumentazione per prospezioni gravimetriche da utilizzare su nave.

Integrazione dei dati sismologici delle reti sismiche permanenti e temporanee. Regolamento e procedure
Vol. 276 (2014)

Nell’ultimo decennio, l’avanzamento della tecnologia applicata ai moderni sistemi di acquisizione deidati sismici ha determinato un cospicuo aumento della quantità di informazioni e di dati da archiviare. Datele caratteristiche di dinamica e di banda dei segnali sismici che vengono acquisiti, ormai non ha più sensolimitare la registrazione ai soli dati parametrici o a porzioni di forme d’onda, potendo archiviare laregistrazione continua del movimento del suolo. Oggi installare una rete sismica temporanea, acquisendo informa continua dati di stazioni sismiche equipaggiate con uno ma più spesso due sensori a tre componenti,con un passo di campionamento adatto ad effettuare vari studi sismologici (almeno 80 Hz), comportal’archiviazione di una mole di dati davvero consistente, la cui gestione deve essere attentamente strutturata.Da alcuni anni il Centro Nazionale Terremoti (CNT) dell’Istituto Nazionale di Geofisica eVulcanologia (INGV) ha intrapreso, in collaborazione con partners europei nell’ambito del progettoNERIES1, un nuovo corso riguardo l’archiviazione, la gestione e la distribuzione dei dati acquisiti dalle retisismiche permanenti, in particolare della Rete Sismica Nazionale (RSN [Amato and Mele, 2008; Delladio,2011]) con la quale l’INGV garantisce il servizio di sorveglianza sismica dell’intero territorio italiano[Basili, 2011]. In questo ambizioso quanto oramai necessario progetto che ha come obiettivo principale lacondivisione del dato sismologico, è stata coinvolta anche la struttura di Rete Sismica Mobile [Moretti et al.,2010a] in occasione dell’esperimento di sismica passiva denominato “Messina 1908-2008” [Margheriti et al.,2008a; 2008b; Moretti et al., 2010b]. Il processo di integrazione dei dati, iniziato come progetto pilota con ilprezioso contributo di numerose professionalità, ha visto uno sviluppo crescente consentendo di estenderetale opportunità a tutti I gruppi INGV che si occupano di reti sismiche temporanee. La peculiaritàdell’archivio è di avere I dati acquisiti in forma continua tramite le stazioni delle reti temporanee integrati eorganizzati secondo le specifiche adottate dal sistema di acquisizione dei dati sismologici dell’INGV. In talmodo I dati vengono messi a disposizione della comunità scientifica in modo uniforme, secondo un formatostandard e completi delle informazioni sussidiarie (I metadati) necessarie alla loro analisi.Oggi l’integrazione dei dati acquisiti dalle reti temporanee e permanenti in un unico archivio è unarealtà consolidata e in continua espansione e quindi si è reso necessario definire le linee guida per gli utentiche desiderano aderire al progetto. In tal senso il presente manoscritto rappresenta la formalizzazione degliaccordi presi tra chi si occupa dell’acquisizione del dato, installando e gestendo la strumentazione incampagna, e chi si interessa della sua archiviazione e distribuzione. Per una migliore comprensione del testo,nei primi due capitoli saranno brevemente descritte le principali peculiarità della struttura adottata perl’archiviazione dei dati sismici prodotti dalla RSN, compreso il formato adottato per la catalogazione delleforme d’onda e alcuni passaggi che hanno portato all’integrazione dei dati acquisiti dalla Rete SismicaMobile. Il protocollo approvato e fondamento di questo lavoro, è argomento del Capitolo 3; sono descritte echiarite le norme da seguire per la configurazione dei parametri e le tempistiche da rispettare per poterinserire I dati acquisiti attraverso reti sismiche portatili in maniera corretta e veloce nell’archivio generale. Inallegato, tali regole sono riassunte in forma schematica e in lingua inglese perché possa essere utile inoccasione di collaborazione con enti stranieri, soprattutto nell’ottica degli impegni presi dall’INGVnell’ambito del progetto europeo “Network of European Research Infrastructures for Earthquake RiskAssessment and Migitation” (NERA2) dove si è avviato il coordinamento di una rete temporanea di prontointervento europea.1. L’archiviazione dei dati sismici acquisiti dalla RSNTra il 2006 e il 2010, nell’ambito del Progetto europeo NERIES, sono state sviluppate diverseiniziative che miravano a creare un maggiore e più funzionale collegamento tra le reti sismiche europee. Tragli obiettivi comuni: garantire un migliore accesso ai dati prodotti e a specifiche infrastrutture sismiche oltread una maggiore attenzione alla ricerca mirata a sviluppare la prossima generazione di strumenti permigliorare il servizio e l’analisi dei dati. Oggi il progetto NERIES vede una importante continuità negliobiettivi indicati nel progetto NERA.                                                                                                                12http://www.neries-eu.org/http://www.nera-eu.org/  7  

Campagna di misure a Lipari per la calibrazione di dati iperspettrali da sensore aereo
Vol. 275 (2014)

Questo report vuole descrivere la campagna di misure svoltasi a Lipari a fine giugno 2013 nel quadro delle attività di calibrazione del sensore iperspettrale aereo utilizzato all’interno del progetto ASI-AGI. La campagna di misura è stata condotta da una collaborazione tra personale INGV e da personale dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).
Informazioni generali
Cenni sul progetto ASI-AGI L’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) sta finanziando lo sviluppo di una missione iperspettrale nazionale denominata PRISMA, PRecursore IperSPettrale della Missione Applicativa, un sistema di osservazione della terra con strumentazione elettro-ottica di tipo innovativo, che integra un sensore iperspettrale con una camera pancromatica a media risoluzione (maggiori dettagli possono essere trovati al sito dell’ASI http://www.asi.it/it/attivita/osservazione_terra/prisma). Nell’ambito di questa missione, il progetto ASI-AGI, Analisi Sistemi Iperspettrali per le applicazioni Geofisiche Integrate, coordinato dall’INGV, ha come obiettivo il miglioramento della comprensione a livello scientifico di alcuni fenomeni naturali quali le eruzioni vulcaniche, l’attività tettonica e gli incendi. Inoltre il progetto vuole sviluppare tecniche innovative finalizzate ad ottimizzare le capacità della camera iperspettrale e le caratteristiche geometriche della camera pancromatica. Il progetto ha avuto inizio nel 2011 e avrà una durata di 4 anni. Partner dell’INGV in questo progetto sono il Dipartimento di Ingegneria MEccanica e Civile dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (DIMEC-UNIMORE) e il Centro di Geomorfologia Integrata per l’Area del Mediterraneo (CGIAM).
Scopo della campagna di misure Obiettivo della missione è stato quello di raccogliere dati di verità a terra per la calibrazione di dati acquisiti da aereo. La campagna di misura si è svolta dal 27 al 29 giugno 2013, in concomitanza con il passaggio del satellite Terra della NASA con a bordo il sensore Advanced Spaceborne Thermal Emission and Reflection Radiometer (ASTER) e del un volo aereo con il sensore iperspettrale IPERGEO. I dati raccolti saranno utilizzati per effettuare una comparazione tra le misure eseguite dal sensore aereo e quelle in situ. La calibrazione dei dati aerei sarà a cura del Centro di Geomorfologia Integrata per l’Area del Mediterraneo (CGIAM).
Breve storia geologica dell’isola di Lipari L’isola di Lipari si trova nella parte meridionale dell’arcipelago eoliano, al di sopra dell’isola di Vulcano. Come tutte le isole dell’arcipelago, anch’essa è di origine vulcanica e si presenta montuosa e frastagliata. Proprio a seguito dell’interesse vulcanico di tutto l’arcipelago, avendo già effettuato campagne di misura nelle altre isole dell’arcipelago eoliano ed avendo quindi un buon database di misure, è stata scelta l’isola di Lipari in quanto offre due siti di interesse per la raccolta e la calibrazione dei dati: le cave di pomice e la riserva idrica di Monte Sant’Angelo. La storia dell’attività vulcanica di Lipari ha inizio più di 200.000 anni fa, si è protratta fino al VI secolo d. C. e sebbene non ci siano state recenti eruzioni, l’isola può essere considerata ancora attiva. Le esplosioni dell’ultime eruzioni (circa 1.600 anni fa) generarono uno strato di sette metri di pomici. Dopo le esplosioni, lava molto viscosa, fuoriuscita dal vulcano, si fermò sullo sbocco eruttivo senza riuscire a scorrere. Questa occlusione determinò forti esplosioni che frammentarono il blocco di lava, scagliando tutto intorno pezzi di ossidiana. Una volta riaperta la bocca eruttiva, riprese la lenta emissione di lava e la colata si mosse per un breve tratto grazie al pendio, assumendo una forma lobata. Contemporaneamente, cominciarono le eruzioni di Monte Pilato, nella parte nord-orientale dell’isola, con esplosioni ed emissioni di una grande quantità di pomici che si accumularono formando un cono. Il punto di emissione si spostò poi leggermente verso Sud, distruggendo un lato del cono di pomici. Il cratere aveva un diametro di circa 1 km ed era bordato da un accumulo di pomici che raggiunse in breve tempo l’altezza di circa 450 m s.l.m. Le cave di pomice di Campobianco e Acquacalda tagliano e, per ora, mettono in evidenza la struttura interna del cono (Figura 1).

Quality control system of the Mediterranean Forecasting System products
Vol. 274 (2014)

The INGV Mediterranean Forecasting System (INGV-MFS) is currently one of the Monitoring and Forecasting Production Unit of the European MyOcean2 project. The system was implemented in 2000 by the INGV National Group of Operational oceanography (GNOO) and has been developed in years thanks to a number of European projects (see INGV Technical Report n. 163). The centre at INGV operates a near-real time validation system (Cal/Val and MFS-MyOcean System Evaluation) - which provides comparisons between model and observational data of the main ocean variables (SST, 3D temperature and salinity, sea level and currents) on dedicated websites and it releases a Quality Information Document (QuID) on MyOcean website, that illustrates validation diagnostics and quality of its products. Furthermore, it is a partner of the MyOcean work package dedicated to product quality and to improve verification procedures to assess product quality. This work deals with the verification process of analysis/forecast performances, briefly reviewing methods and measures developed in the context of weather forecasting and illustrating those currently used in ocean forecasting systems. We expose the history and development of verification methods and the common practices and protocols adopted by international organisms that coordinate various national ocean forecasting systems. Then, we give an example of verification of sea level height operated by the INGVMFS, reporting the on-going improvements and illustrating an application of metrics to validate assimilation of different sets of observations.
1. Quality control systems of forecasting Assessing the quality of a forecast is essential to improve it and to inform users about the confidence that can be placed in its products. However, planning an efficient and informative evaluation method and defining what could be a ‘good’ forecast is not straightforward. Murphy (1993) addressed the concept of ‘goodness’ of forecasts identifying three types: 1) consistency - degree of correspondence between forecast and forecasters’ best judgement derived from their knowledge base; 2) quality - degree of correspondence between forecast and some “truth” or reference; and 3) value - incremental benefits deriving from the employment of the forecast by users for decision-making. Furthermore, he described the relationships between the three types of ‘goodness’, highlighting that a high quality not necessary implies a high value of forecasts, and that gaining information about users preferences and being informative on forecast products benefits are crucial to make them valuable. Quality and value of a forecast are the results of verification and evaluation processes designed to answer to users’ needs. Furthermore, quality assessment is of interest for forecasters to improve the system itself: a process called validation. It consists in comparing the hindcasts of different version of the forecasting system to test developments in one or more components; once the validation has proved improvement of the forecast, the new version can be implemented operationally [Schiller and Brassington, 2011]. The results of these processes provide clues for administrative, scientific (or diagnostic) and economic purposes, as classified by Brier and Allen (1951): determining the state of the art and trends in quality of operational forecast performances over time serves to justify and gain financial aid for advancing training and equipment; assessing the strength and weakness of the forecast allows to better understand underlying physical processes for improving forecasting models; tailoring the types of products released and verification schemes on users’ needs helps to effectively communicate forecast outcomes for enhancing its value. 1.1. Historical development of verification methods Techniques of forecast verification have been developed since the end of the nineteenth century, in the context of weather forecasting, thanks to a curious event known as the “Finley affair” [Murphy, 1996]. Although weather forecasting services were operative since the 1850s in the USA and Western Europe, the attention to the question of forecast verification arose only after 1884, triggered by a paper about an experimental tornado forecasting program published in the American Meteorological Journal by John Finley (a Sergeant of the U.S. Army). In the paper, he assessed the quality of his forecast by a yes/no table, validating his outcome as the percentage of correct tornado/no tornado forecasts and coming with a 96.6% of accuracy [Finley, 1884].

Nuovo sistema di alimentazione a corrente continua presso l’Osservatorio geomagnetico di Castello Tesino
Vol. 273 (2014)

L’Osservatorio magnetico di Castello Tesino fu fondato nel 1964 dal dott. Franco Molina qualche anno dopo la costruzione dell’Osservatorio magnetico di L’Aquila sull’onda dell’Anno Geofisico Internazionale (1958). In funzione quasi con continuità dal 1964 ad oggi, l’Osservatorio di Castello Tesino è sempre stato considerato l’Osservatorio geomagnetico fondamentale per il Nord Italia. È stato utilizzato nel corso degli anni per seguire le variazioni del campo geomagnetico nell’Italia Settentrionale e per ridurre alla stessa epoca le misure della rete magnetica italiana. Inoltre, essendo un Osservatorio non presidiato, è stato oggetto di sperimentazioni e collaudo di apparati automatici ideati e realizzati nell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Nel corso dell’ultimo decennio l’Osservatorio geomagnetico di Castello Tesino ha visto alternarsi diversi strumenti di misura del campo magnetico, diversi sistemi di acquisizione dei dati e di trasmissione presso la sede romana dell’Istituto nonché lo spostamento del sito stesso di misura. Tutto ciò al fine di migliorare la qualità dei dati magnetici raccolti e di risolvere i problemi di volta in volta riscontrati. Considerando solo quanto fatto negli ultimi anni è necessario ricordare una prima sostituzione della strumentazione relativa alle misure vettoriali del campo geomagnetico che risale al 1998 quando l’iniziale sistema automatico digitale, progettato e messo a punto da ricercatori dell’ING [Meloni et al., 1984] ed installato nel 1986, è stato sostituito da un magnetometro vettoriale con un sensore tipo fluxgate anch’esso progettato e realizzato dal personale dell’ING presso la sede di L’Aquila. Questo strumento presentando tuttavia problemi di deriva è stato poi, nel settembre 2005, affiancato da un magnetometro vettoriale (Lemi-008) di fattura ucraina e successivamente sostituito definitivamente nel marzo 2006 da un nuovo magnetometro vettoriale LEMI-017, sempre di fattura ucraina, che è attualmente ancora in uso. Infine, dopo la realizzazione nel 2004 di un campeggio in prossimità della sede dell’Osservatorio è stato necessario provvedere allo spostamento della strumentazione di misura in un sito più idoneo. In questa occasione si è deciso di modificare il tipo di alimentazione degli strumenti passando da una tensione a 220V in forma alternata ad una a 12V in modalità continua. Tutto ciò per migliorare la qualità dei dati acquisiti. Scopo di questa breve nota è di descrivere gli ultimi cambiamenti apportati nell’Osservatorio geomagnetico di Castello Tesino e di mostrare in che misura tali cambiamenti abbiano consentito di migliorare l’accuratezza con la quale si effettuano attualmente le misure di campo magnetico.

La nuova infrastruttura di acquisizione e distribuzione dati della Rete Integrata Nazionale GPS (RING)
Vol. 272 (2014)

Il progetto CESIS, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (Legge 488/92), oltre a prevedere la realizzazione di una nuova sede dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) a Grottaminarda, aveva come obiettivo il potenziamento della Rete Sismica Nazionale nel centro-sud Italia attraverso l’installazione di 60 nuove stazioni di monitoraggio multi-parametriche costituite da sismometro, accelerometro e GPS di precisione.
Grazie ai finanziamenti di questo progetto, verso la fine del 2004, l’INGV avviò la realizzazione di una rete di ricevitori GPS permanenti a scala nazionale, sia integrando le esperienze preesistenti nelle diverse sedi INGV che sviluppando una strategia triennale di nuove installazioni. Nacque così la Rete IntegrataNazionale GPS (RING) caratterizzata dalla co-localizzazione di strumentazione sismologica e GPS; in particolare, sismometri a banda larga o larghissima (40 sec ÷ 240 sec) e accelerometri strong motion insieme a ricevitori GPS. L’obiettivo principale consisteva nel contribuire ad aumentare le conoscenze relative alla cinematica e alla tettonica attiva del territorio italiano, puntando soprattutto sulla condivisione delle esperienze lavorative dei vari gruppi di lavoro in particolare della sezione di Napoli, Catania, Bologna, RomaFigura 1. Crescita numero stazioni negli anni.  E Grottaminarda dell’INGV [Avallone etal., 2010]. La RING è una rete multisensoriale con sistema di trasmissione in tempo reale, costituita, oggi, da più di 170 stazioni di proprietàINGV dislocate in tutta la penisola e con maggiore densificazione nelle aree sismogenetiche più importanti. L’infrastruttura di acquisizione e distribuzione dati che ci si appresta a descrivere archivia non solo I dati delle stazioni GPS della RING, ma anche quelli forniti da reti GPS permanentiFigura 2. Dislocazione geografica stazioni GPS.gestite da altri Enti, Università o soggetti privati in convenzione con INGV. Le figure 1 e 2 mostrano l’incremento del numero di stazioni acquisite dal 2003 ad oggi e la loro dislocazione sul territorio nazionale.Il rapporto tecnico si sviluppa in due parti: la prima parte descrive il vecchio sistema di acquisizione e distribuzione dati analizzandone le criticità intervenute in seguito a nuove esigenze di servizio; il processo dimigrazione dalla vecchia alla nuova architettura ed infine il processo di integrazione di due applicazioni  precedentemente separate, CLINIC e BANCA DATI; una seconda parte che descrive l’applicativo web BANCA DATI rinnovato nella sua veste grafica e arricchito di nuove funzionalità che consente, oggi, la gestione centralizzata dell’applicazione CLINIC anch’essa rivista e migliorata.

Sr isotopic microanalysis at the Radiogenic Isotope Laboratory of the Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione di Napoli - Osservatorio Vesuviano
Vol. 271 (2014)

Mechanical sampling, conventional dissolution and chemical separation, followed by analysis using the TIMS (Thermal Ionisation Mass Spectrometry), is one of the best methods for highly accurate and precise determinations of Sr isotopic compositions in most geological materials over a wide range of Sr concentrations. Recent technological improvements have provided the opportunity to analyze Sr isotopic compositions at the scale of individual crystals and along core to rim transects of single minerals. Sr isotopic ratio variations, recorded from core to rim of a mineral grain, reflect the progressive changes, if any, in the composition of the magma from which the mineral has crystallized [e.g. Davidson et al., 2001, 2007; Francalanci et al., 2005]. Therefore, the relationship between isotopic variations and petrographic features can be used to constrain magma evolution pathways involving open system processes, such as magma mixing, contamination and recharge. Here we present the methodology that we have set up at the Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Sezione di Napoli - Osservatorio Vesuviano (OV) for the precise analysis of ng-levels of Sr, purified either from single crystals or from microgram-sized solid samples, extracted from minerals in thin sections. Physical sampling has been performed by using a computer numerical control milling machine: the MicroMill™ manufactured by the New Wave™. The chemical procedures routinely adopted at the INGV-OV Radiogenic Isotope Laboratory for extracting Sr and Nd from natural samples, and the analytical methods for measuring their isotopic composition [Arienzo et al., 2013 and references therein], allowed us to develop and perform high precision analyses of single crystals and microgram-sized solid samples collected through this innovative microsampling methodologies. We also report the results of the analyses performed on a certified international standard in order to evaluate the quality of data produced by the INGV-OV Radiogenic Isotope Laboratory. In particular, we used the National Institute of Standards and Technology (NIST) SRM 987 standard, with Sr concentration of 3, 6, 12 ng/µl. Results obtained on single feldspar crystals from the Campanian Ignimbrite (39 ka) [Fisher et al., 1993; Civetta et al, 1997; De Vivo et al., 2001; Arienzo et al., 2009 and references therein] and the Agnano Monte Spina tephra (4690-4300 a cal BP) [de Vita et al., 1999; Blockley et al., 2008; Arienzo et al., 2010], are reported to test the quality of the whole analytical procedure.

GPSView: monitoraggio in tempo reale delle stazioni GPS acquisite tramite Nanometrics Libra VSAT
Vol. 270 (2014)

Libra VSAT di Nanometrics [Nanometrics, 2003] è uno dei sistemi di telemetria satellitare utilizzato in INGV per la trasmissione dei dati sismici [Falco, 2006]. Ogni stazione remota è costituita da un ricetrasmettitore satellitare Cygnus che archivia i segnali sismici provenienti dal digitalizzatore Trident e li invia via satellite ai server di acquisizione dati NaqServer dislocati in diverse sedi dell’INGV. Il Cygnus prevede, inoltre, la possibilità di acquisire un flusso dati seriale; tale collegamento è ampiamente utilizzato in INGV per l’acquisizione del flusso dati seriale proveniente da ricevitori GPS della Rete Integrata Nazionale GPS (RING). I NaqsServer, quindi, ricevono in tempo reale il flusso dati sismico e il flusso dati GPS tramite il ricetrasmettitore satellitare Carina. Affinché la RING possa garantire elevati standard di efficienza è opportuno poter monitorare costantemente lo stato delle acquisizione di tutte le stazioni GPS della rete al fine di intervenire rapidamente su eventuali guasti o malfunzionamenti. Per le stazioni che utilizzano collegamenti INTERNET, cellulare o WiFI esistono appositi tool che consentono queste verifiche; per le stazioni che invece utilizzano il sistema di acquisizione Libra VSAT è stato sviluppato GPSView che consente di monitorare in tempo reale i flussi seriali (dati GPS) delle stazioni di monitoraggio sismico. La Fig. 1 mostra il layout semplificato dell’infrastruttura Nanometrics Libra VSAT in uso presso l’INGV.
Figura 1. Layout semplificato dell'infrastruttura di acquisizione dati Nanometrics Libra VSAT presso l’INGV.

GSM DC Rebooter - Sistema di reboot remoto via GSM per l’osservatorio geomagnetico di Lampedusa
Vol. 269 (2014)

Il dispositivo è un rebooter in corrente continua (fig. 1) che permette di compiere dei riavvii e dei controlli sulle macchine a esso collegate. È un dispositivo molto utile in tutti i casi in cui si debbano utilizzare strumenti in stazioni di misure dislocate in zone remote non presidiate. Una versione prototipale dello strumento è in funzione presso l’osservatorio geomagnetico di Lampedusa dal mese di Settembre 2010. Si può accedere allo strumento attraverso un collegamento telefonico (modem) e utilizzando un’interfaccia utente su una pagina web è possibile verificare lo stato (On-Off) della strumentazione e se necessario togliere le alimentazioni per permettere il reset di tutti gli strumenti collegati.

Il terremoto del 21 giugno 2013 in Lunigiana. Le attività del coordinamento Sismiko
Vol. 268 (2014)

Il 21 giugno 2013 alle ore 10.33 UTC è stato registrato dalla Rete Sismica Nazionale (RSN) [Amato e Mele, 2008; Delladio, 2011] dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) un terremoto di magnitudo (ML) 5.2 nel distretto sismico1 denominato “Alpi Apuane” tra i comuni di Minucciano in provincia di Lucca e Fivizzano e Casola in provincia di Massa e Carrara, zona conosciuta come “Lunigiana”. L’evento sismico, localizzato dai sismologi in turno presso la sala di sorveglianza sismica di Roma [Basili, 2011] con coordinate 44.153°N e 10.135° E e una profondità di circa 5 km è stato ben risentito in tutta la penisola centro-settentrionale ed è stato seguito in poche ore da numerosi eventi anche di ML ≥ 3.0 (16 nelle prime 72 ore). Storicamente l’area oggetto della sequenza sismica è stata interessata da numerosi terremoti di magnitudo superiore a 5.0 il più grande dei quali quello avvenuto nel 1920 nella zona della Garfagnana (fonte dati: Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani - CPTI11 [Rovida et al., 2011]), ad una distanza di circa 12 km dal mainshock odierno, interessata anch’essa da una piccola sequenza sismica a gennaio del 2013. In considerazione dell’entità dell’evento e seguendo le procedure definite per le situazioni di emergenza internamente all’INGV anche in accordo con l’Allegato A2 della Convenzione vigente 201220203 fra l’ente e il Dipartimento di Protezione Civile (DPC), è stata attivata la Rete Sismica Mobile della sede INGV di Roma (Re.Mo. [Moretti et al., 2010]). Nell’arco di tempo di poco più un’ora dall’accadimento del mainshock è stata disposta l’installazione di una rete sismica temporanea costituita da sei stazioni a integrazione delle reti sismiche permanenti già presenti in area epicentrale (RSN e Regional Seismic network of North-Western Italy – RSNI [Ferretti et al., 2008; 2010; Eva et al., 2010; Pasta et al., 2011]). Nel contempo sono stati consultati tramite e-mail i referenti delle unità di rete sismica mobile delle altre sedi INGV che nell’ambito del coordinamento “Sismiko” [Moretti et al., 2012] negli ultimi due anni hanno dato la propria disponibilità, in termini di personale e strumentazione, ad intervenire in caso di emergenza sismica; sono stati inoltre contattati i colleghi del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita, dell’Università degli Studi di Genova (DISTAV) i più vicini all’area epicentrale e gestori della RSNI che hanno comunicato loro stessi l’intenzione di installare due stazioni temporanee, una in real-time e una in configurazione stand-alone. In questo lavoro viene descritta l’attività compiuta dalla Rete Sismica Mobile INGV, la tempistica dell’intervento effettuato in sinergia con i colleghi dell’Università di Genova, i dettagli circa l'installazione e la gestione delle stazioni sismiche temporanee nel primo mese di attività e una valutazione del dataset acquisito.

Sistema di livellamento automatico dei sismometri
Vol. 266 (2014)

In seno all’attività interna di gestione, manutenzione e upgrade dei sistemi di monitoraggio sismico, svolta all’interno del gruppo tecnico Rete Sismica Permanente Digitale Broadband Nanometrics afferente alla Unità Funzionale Sismologia, presso l’Osservatorio etneo dell’INGV, si è progettato e realizzato un dispositivo che consente il livellamento automatico dei geofoni, nonché di conoscerne l’errore angolare nell’orientamento verso il nord, commesso in fase di installazione. Ciò è reso possibile sostanzialmente da una logica di controllo basata sul microcontrollore BasicX, interfacciato ad una coppia di motori passo-passo che agiscono sui piedini del geofono regolandone in modo del tutto automatico il livellamento. L’idea di realizzare un Sistema di Auto-Livellamento (da questo momento in poi denominato SAL) nasce dalla necessità di ridurre i problemi derivanti dal posizionamento dei sensori in condizioni disagevoli, come ad esempio nel caso di installazioni a fondo pozzo. Costituisce in definitiva una soluzione all’installazione di sensori in condizioni di non accessibilità da parte di operatori, in cui anche l’orientamento verso il nord diventa problematico.

Guida all’uso del forno ASC TD-48SC per la stima della paleointensità assoluta con il metodo Thellier-Thellier modificato
Vol. 265 (2014)

La stima della paleointensità assoluta del campo magnetico terrestre può essere ottenuta attraverso diverse tecniche, metodi e protocolli di misure paleomagnetiche applicate a campioni idonei di roccia. Non esiste ancora un accordo sulla scelta del metodo ottimale, e le percentuali di successo degli esperimenti sono relativamente basse (20-30%). Tra le diverse famiglie di metodi, si menziono il doppio riscaldamento di Thellier-Thellier [Konigsberger 1938; Thellier and Thellier 1959], il metodo Shaw [Shaw 1974], l’impiego delle microonde [Walton et al., 1992], e l’approccio “multicampione” [Dekker e Böhnel 2006]. I metodi più diffusi sono varianti di quello Thellier-Thellier e, tra questi, ne è stata proposta una recente, di acronimo IZZI [Yu et al., 2004; Tauxe e Staudigel, 2004]. Il presente lavoro è finalizzato a fornire una guida pratica all’utilizzo del forno ASC TD-48SC (Figura 1), di cui si è dotato recentemente il Laboratorio di Paleomagnetismo dell’INGV di Roma. Il forno ASC TD-48SC ospita al suo interno un solenoide che, opportunamente alimentato, genera un campo magnetico controllato e sufficientemente stabile nel tempo da essere idoneo ad effettuare esperimenti di paleointensità assoluta secondo le varianti del metodo Thellier-Thellier. Il protocollo IZZI, usato in questa guida, consiste nella progressiva sostituzione, tramite la procedura del doppio riscaldamento, della TRM (Thermal Remanent Magnetization) naturale del campione con una TRM impartita in laboratorio, al fine di verificare la capacità del campione di registrare fedelmente il campo magnetico agente. Il fine è duplice; da una parte ottenere una stima della paleointensità del campo magnetico terrestre, dall’altra avere la conferma che la mineralogia magnetica del campione non cambia (e quindi non sia presumibilmente cambiata in passato) durante i cicli di riscaldamento e raffreddamento a cui il campione di roccia è sottoposto. Un campione che cambia la propria mineralogia magnetica a seguito di un cambiamento termico non è idoneo a stimare la paleointensità assoluta. In questa guida si vuole descrivere la sequenza delle operazioni da svolgere per realizzare gli esperimenti di stima della paleointensità assoluta, con alcune note sui metodi e sui programmi di elaborazione dei dati ottenuti.

L’esercitazione nazionale di protezione civile sul rischio sismico “Nord-Est 2013” (13-15 settembre 2013) e la partecipazione dell’INGV. Report finale
Vol. 264 (2013)

Nell’ambito delle commemorazioni per I 50 anni dalla frana del Vajont, il Dipartimento dellaProtezione Civile (DPC), la Regione Veneto e la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia con il coinvolgimento delle Province Autonome di Trento e Bolzano, hanno organizzato un’esercitazione sulrischio sismico denominata “Nord-Est 2013” svoltasi dal 13 al 15 settembre 2013. Obiettivo primario dell’iniziativa era verificare la capacità di risposta in situazioni di emergenza di tutte le componenti e le strutture operative della Protezione Civile, a livello centrale e periferico, e della rete di collaborazioni ad essa collegate.
L’esercitazione prevedeva la simulazione di un terremoto di magnitudo Richter (ML) 5.8 alle ore 7.30locali con epicentro nel Comune di Tambre, in Provincia di Belluno, I cui effetti, in termini di popolazione coinvolta in crolli, avrebbero interessato anche le Province di Treviso e Pordenone. Come terremoto di riferimento per l’iniziativa, è stato scelto l’evento sismico di Bosco Cansiglio avvenuto il 18 ottobre 1936alle 3:10 UTC (MW 5.8) (Figura 1 [Barbano et al., 1986]).
L’emergenza simulata era, ai fini dell’attività di protezione civile 1, di tipo C ovvero di rilievo nazionale (il tipo A si riferisce alle emergenze locali, gestibili su scala comunale; quelle di tipo B alle emergenze che richiedono una risposta e risorse su scala provinciale o regionale).
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha partecipato attivamente all’esercitazione“Nord-Est 2013” nella giornata di sabato 14 settembre (dalle 7.30 alle 17.30, ora locale), attivando le procedure che sono disposte in caso di evento sismico come previsto dall’Allegato A2 dell’Accordo Quadro2012-2021 della Convenzione esistente fra l’INGV e il Dipartimento della Protezione Civile (DPC).
Nel presente report sono descritte brevemente le azioni approntate dall’INGV sia nella fase dipianificazione che durante l’esercitazione stessa; sebbene il risultato conseguito si possa ritenere più che positivo, in questo lavoro si vogliono mettere in evidenza alcune criticità osservate per le quali sarà opportuno trovare delle soluzioni da adottare nella prossima emergenza.

Determinazione quantitativa del carbonio inorganico totale disciolto (TDIC) in campioni di acque naturali attraverso metodologia IRMS
Vol. 263 (2013)

Il carbonio totale presente nelle acque naturali è il risultato della somma della frazione inorganica di carbonio (TDIC) e di quella organica (TOC). Nelle acque naturali il carbonio organico è costituito prevalentemente da acidi fulvici ed acidi umici che derivano dalla trasformazione della sostanza organica. Le specie carbonatiche inorganiche disciolte sono CO2aq, H2CO3aq, HCO3- e CO32-. Il carbonio inorganico totale CTDIC è quindi dato dalla seguente espressione: CTDIC = [CO2*] + [HCO3−] + [CO32−]
Dove:
[CO2*] è la somma delle concentrazioni di anidride carbonica e dell’acido carbonico [CO2aq]+ [H2CO3aq];
[HCO3−] è la concentrazione di ioni bicarbonato;
[CO32−] è la concentrazione di ioni carbonato.
Nella geochimica delle acque la determinazione del TDIC e della sua composizione isotopica (δ13CTDIC) è molto importante, perché rappresenta il risultato di complessi processi di interazione acquaroccia-gas e trova applicazione in studi per la caratterizzazione e l’individuazione di aree anomale di degassamento e/o di carattere ambientale.
Infatti, l’anidride carbonica è, dopo il vapore acqueo, il principale costituente gassoso dei gas vulcanici ed è caratterizzata da una elevata solubilità in acqua (circa 866 cc/l a T = 25°C e P = 1 atm). Questi due aspetti fanno si che in corrispondenza di sistemi vulcanici attivi si rinvengono acque particolarmente ricche in specie carbonatiche disciolte che W. F. Giggenbach ha definito come “peripheral waters”. Nelle aree vulcaniche attive, lo studio del TDIC e della sua composizione isotopica è utile sia come strumento per la sorveglianza geochimica dell’attività vulcanica [Caliro et al 1999], sia per la caratterizzazione genetica dell’anidride carbonica [Capasso et al., 2005; Chiodini et al., 2000].
Chiodini et al., [1999] dai bilanci di massa sui valori di TDIC e sui valori di δ13CTDIC determinati nelle acque dei principali acquiferi carbonatici degli Appennini dell’Italia centrale, hanno determinato e quantificato l’apporto di CO2 di origine profonda proveniente dal mantello e originata dal termometamorfismo di rocce carbonatiche. Recentemente i valori di δ13CTDIC ed i contenuti di TDIC in alcune acque sotterranee della Slovenia [Kanduc et al., 2012] sono stati utilizzati come traccianti biogeochimici per l’individuazione di acquiferi potenzialmente vulnerabili a processi di inquinamento.
Le più comuni tecniche di analisi per la determinazione della concentrazione di carbonio totale inorganico disciolto (TDIC) possono essere divise in:
1) produzione di CO2 per acidificazione e successiva precipitazione in soluzioni basiche. Da fasi solide per acidificazione viene sviluppata anidride carbonica che fatta gorgogliata in soluzioni basiche, Ba(OH)2 o Sr(OH)2, precipita come carbonato poco solubile che viene analizzato mediate tecnica calcimetrica.
2) direttamente dalla fase liquida per titolazione acido-base con doppio indicatore e successivo ricalcolo sulla base dell’equilibrio chimico.
Anche per la determinazione del δ13CTDIC si possono usare tecniche di estrazione direttamente dalla fase liquida o da fasi carbonatiche solide precipitate dalla soluzione. Alcuni di questi metodi implicano l’uso di apposite linee da vuoto per l’estrazione e la purificazione della CO2 prodotta, con lunghi “steps” analitici alcune volte laboriosi e articolati, lunghi tempi tecnici e grandi quantità di campione [Favara et al., 2002].
Negli ultimi anni, sono stati messi a punto metodi analitici rapidi per la determinazione del δ13CTDIC in campioni acquosi basati sulla estrazione della CO2 mediante sistemi automatici di acidificazione accoppiati a spettrometri di massa CF-IRMS [Capasso et al., 2005].
Il metodo qui proposto, che è una implementazione di quello di Capasso et al. [2005], prevede la possibilità di effettuare contemporaneamente sulla stessa aliquota di campione sia la determinazione quantitativa del contenuto di TDIC, sia la determinazione del δ13CTDIC. Il metodo è stato testato utilizzando alcune soluzioni ottenute dalla dissoluzione di quantità precise di Na2CO3 in polvere con composizione isotopica nota e su alcuni campioni di acque naturali per le quali il contenuto di TDIC è stato determinato analiticamente per titolazione volumetrica.

RICAMAR2013: RIlievi per la Caratterizzazione dell’Ambiente MARino nel Golfo di Pozzuoli. Rapporto sull’attività 13 – 31 maggio 2013
Vol. 262 (2013)

La caldera risorgente dei Campi Flegrei è, insieme ai vulcani Somma-Vesuvio, Ischia e Procida, uno degli elementi dominanti dell’assetto geologico e morfologico dell’area napoletana. Si tratta di un sistema vulcanico ancora attivo la cui persistente attività è testimoniata dall’ultima eruzione, avvenuta nel 1538, dall’intensa attività fumarolica e idrotermale che perdura da millenni e dai frequenti eventi bradisismici, con deformazione del suolo accompagnata da sismicità e variazioni delle caratteristiche chimico-fisiche dei fluidi emessi dalle fumarole. La caldera comprende la parte occidentale della città di Napoli e si estende nel Golfo di Pozzuoli. La caratteristica principale dell’attuale attività vulcanica della caldera è il movimento lento del suolo a carattere episodico e di grande ampiezza (bradisismo), accompagnato da un’intensa e superficiale attività sismica che si verifica in generale durante la fase di sollevamento. Nel periodo di massimo abbassamento – risalente probabilmente al medioevo – alcuni studi dimostrano che il livello del suolo era tra i 7 e i 10 m più basso rispetto all’epoca di costruzione del Serapeo nel I sec. d.C.. Nel 1500 un’importante crisi di sollevamento determinò un innalzamento complessivo dell’area di circa 17 m e precedette l’eruzione del Monte Nuovo, avvenuta nel 1538.
Dopo l’eruzione iniziò invece un periodo di lenta subsidenza. In tempi più recenti, precisamente nel 1969-72 e nel 1982-84, si sono verificate due crisi bradisismiche, accompagnate da attività sismica, che hanno portato a un sollevamento del suolo complessivo di circa 3.5 m [De Natale et al., 2006]. Durante la prima delle due crisi si registrò un sollevamento del suolo di circa 1.7 m, al quale seguì una lenta subsidenza fino al 1982. Fra il 1982 e il 1984 si ebbe un nuovo sollevamento del suolo di 1.8 m [Berrino et al., 1984] accompagnato da oltre 15.000 terremoti per lo più localizzati a terra, il maggiore dei quali avvenne il 4 ottobre 1983 e fu di magnitudo 4.0 [Branno et al., 1984]. Dal 1985 il suolo ha ripreso ad abbassarsi, sebbene con alcuni periodi di sollevamento di breve durata e di minore entità [Del Gaudio et al., 2010]. Questi periodi sono di frequente accompagnati da sciami sismici, l’ultimo dei quali si è registrato il 7 settembre 2012 con circa 200 eventi (http://www.ov.ingv.it/ov/it/campi-flegrei/monitoraggio/275.html). Nell’area vulcanica dei Campi Flegrei è operativo un sistema di monitoraggio costituito da varie tipologie di reti di strumenti, tutti in acquisizione in tempo reale, in continuo e centralizzati presso il Centro di Monitoraggio dell’INGV in Napoli. In particolare, una rete sismica e infrasound di 12 stazioni per il monitoraggio continuo della sismicità, una rete geodetica costituita da 13 stazioni GPS e 5 mareografi per le deformazioni del suolo [De Martino et al., 2007; Ricco et al. 2007; Bottiglieri et al., 2010; D’Auria et al., 2011]. Queste reti sono integrate da sensori geochimici per il monitoraggio delle fumarole e delle emissioni di gas presenti nell’area [Chiodini et al., 2010] e da una serie di telecamere termiche [Sansivero at al., 2012]. Inoltre, nell’area sono effettuate periodiche campagne per la misura di parametri geofisici e geochimici [Del Gaudio et al., 2010; Bianco et al., 2010; Chiodini et al., 2011; Camacho et al. 2011]. La figura 1 riporta l’ubicazione delle varie reti di monitoraggio dei Campi Flegrei. La fitta rete di monitoraggio ha permesso di dettagliare la dinamica dei Campi Flegrei e di definire la distribuzione dei movimenti del suolo, lasciando però scoperta la parte sommersa della caldera. Tutte le indagini svolte hanno individuato, sia nelle fasi di sollevamento che in quelle di abbassamento, che la misura della massima deformazione è osservata nella città di Pozzuoli. La mancanza di dati a mare, però, non permette di definire con esattezza la posizione del punto di massimo sollevamento. I modelli interpretativi che hanno tentato di definire anche la posizione del punto di massima deformazione, sempre calibrati con dati rilevati a terra, sono discordanti; alcuni indicano che il punto di massima deformazione è centrato a terra sulla fascia costiera [Berrino et al., 1984], altri invece suggeriscono che la massima deformazione sia localizzata nel Golfo di Pozzuoli [Beauducel et al., 2004]. Un primo tentativo di realizzazione di un sistema permanente di misure geofisiche nel Golfo di Pozzuoli è stato realizzato nel 1989 con l’installazione di una Boa Oceanografica (ODAS Italia 2) [Berrino, 1989] che, per una serie di motivi, in particolare di tipo logistico, non ebbe successo. Più recentemente, nel Golfo di Pozzuoli è stato realizzato sistema osservativo geofisico, denominato CUMAS (Cabled Underwater Multidisciplinary Acquisition System), costituito da una boa attrezzata con sensori multiparametrici con trasmissione dei dati in continuo e in tempo reale al Centro di Monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano, in Napoli (figura 2). Tale sistema è costituito da una boa, tipo meda elastica, a cui è connesso tramite cavo un modulo sottomarino posizionato ad una profondità di circa 100 metri equipaggiato con un sensore sismico a larga banda, un accelerometro, un idrofono a bassa frequenza, un sensore di pressione di precisione e sensori di stato [Iannaccone et al., 2009; 2010]. Dal mese di novembre 2011, la torretta della parte fuori acqua della meda ospita anche una stazione GPS in continuo integrata nella rete permanente GPS dell’area. Questa è stata installata con l’obiettivo di verificare la possibilità di utilizzare questo tipo di metodologia per la stima delle deformazioni verticali del suolo in corrispondenza della base della boa sul fondale marino. La boa infatti, essendo del tipo meda elastica, è rigidamente collegata alla zavorra posta sul fondo del mare mediante un cavo di acciaio; il galleggiante di spinta, posto a mezz’acqua, ha la funzione di mantenere in trazione il cavo di sostegno (figura 2). In questo modo, la parte emersa della boa è del tutto indipendente dalle variazioni di livello del mare, per cui eventuali movimenti verticali del suolo si trasferiscono rigidamente alla parte emersa della boa stessa consentendone pertanto la misura mediante l’utilizzo della stazione GPS. Analisi preliminari su i dati GPS acquisiti durante più di un anno di registrazione continua evidenziano un chiaro sollevamento del suolo del fondo del mare [De Martino et al., 2012] in accordo con il pattern deformativo definito dalle stazioni in terraferma.
A integrazione del sistema CUMAS è attualmente in fase di realizzazione un progetto triennale finanziato dal MIUR, PON-MONICA (MONitoraggio Innovativo delle Coste e dell’Ambiente marino), finalizzato alla realizzazione di un prototipo dimostratore di infrastruttura di monitoraggio con cavo sottomarino interrato nel fondale. Il progetto SIMON (Sistema Integrato Sottomarino per il monitoraggio di bradisismo), finanziato dal FESR Regione Liguria su un bando relativo al Distretto Ligure per le Tecnologie Marine, si prefigge lo sviluppo e sperimentazione di sensori innovativi per misure sismiche e gravimetriche su fondo marino. I sensori, sono attualmente in fase di prototipizzazione e saranno sperimentati nel Golfo di Pozzuoli in una successiva sperimentazione.

Determinazione degli elementi maggiori in rocce silicatiche mediante fluorescenza ai raggi X su dischi fusi (perle)
Vol. 261 (2013)

In questo rapporto vengono riportati i risultati ottenuti, in termini di precisione e accuratezza, per la determinazione degli elementi maggiori (Si, Ti, , Al, Fe, Mn, Mg, Ca, Na, K, P,), mediante l’analisi in fluorescenza ai raggi X, in campioni di standards e di rocce silicatiche preparati secondo la tecnica della fusione. Le perle di fusione sono state preparate con un rapporto 1:6 tra campione in polvere e tetraborato di litio. Per la messa a punto della calibrazione sono stati analizzati 27 standards internazionali.

Sr and Nd isotope analysis at the Radiogenic Isotope Laboratory of the Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione di Napoli - Osservatorio Vesuviano
Vol. 260 (2013)

Evolution of magmatic systems can be studied by using geochemical and isotopic data. Magmas generated in the mantle, during uprising, can change their characteristics undergoing a variety of chemical evolution processes. The coupling between the study of major and trace element, and radiogenic isotope compositions, may be useful to distinguish the effects of different processes of magma differentiation. The implementation of modern mass spectrometers since the first one designed by Nier [1940] made possible the measurement of variations in the isotopic composition of selected elements in natural materials and thus permitted the spectacular growth of Isotope Geology. Last generation mass spectrometers gave a new impulse to isotopic researches in the Earth Sciences, providing the possibility to strongly reduce the analytical time concomitantly increasing accuracy and precision. A new generation Thermal Ionisation Mass Spectrometer (ThermoFinnigan Triton TI® Mass Spectrometer) and a clean laboratory have been set up at Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Sezione di Napoli-Osservatorio Vesuviano (OV), since year 2000, using procedures already adopted at the University of Napoli Federico II, as well as standards solutions, in order to measure Sr and Nd isotope compositions of volcanic products for scientific purposes. Particular attention has been dedicated to the procedures set up for extracting Sr and Nd from natural samples (whole rocks, minerals and groundmass) and for measuring Sr and Nd isotope compositions of natural and reference samples. Here we report a data set on certified international standards used to evaluate the quality of data produced in the INGVOV Radiogenic Isotope Laboratory: NIST SRM 987 for Sr isotopes and La Jolla for Nd isotopes. The chemical procedures adopted for extracting Sr and Nd from natural samples and the analytical methods for measuring their isotope composition allowed us to develop and perform high precision analysis of small-size samples, such as single crystals, and to detect intra-grain variations (core, rim, growth zones) by using innovative micro-sampling methodologies, such as micro-milling.

Installazione di un radiometro nell’area sommitale del vulcano Etna
Vol. 259 (2013)

Le tecniche di telerilevamento satellitare e da terra per la stima della temperatura di anomalie termiche delle superfici vulcaniche, della loro variazione nel tempo e per individuare attività parossistiche o l’inizio di una fase di colate di lava, sono ormai entrate a far parte della sorveglianza e del monitoraggio vulcanologico [es. Francis, 1979; Geraci et al., 1985; Lombardo et al., 2011; Spampinato et al., 2011]. I sensori in una banda spettrale dell’infrarosso quali radiometri e telecamere termiche, utilizzati in prossimità di bocche eruttive, hanno fornito cospicue quantità di dati di temperatura della superficie di corpi magmatici (colate laviche, laghi di lava, duomi lavici), plume vulcanici, fumarole, registrati a distanza di totale sicurezza [Spampinato et al., 2011]. In particolare, i radiometri, sia portatili che installati in stazioni permanenti, oltre che fornire dati da confrontare con misure geochimiche, permettono l’acquisizione di dati di temperatura ad elevata frequenza, tali da essere messi in relazione con le misure derivate da osservazioni geofisiche quali ad esempio il tremore sismico [es. Harris e Ripepe, 2007; Branan et al., 2008]. Inoltre, il costo relativamente modesto ed il basso assorbimento energetico rispetto ad altri tipi di sensori all’infrarosso, quali ad esempio le telecamere termiche, ne hanno incoraggiato l’installazione in aree prossimali alle sorgenti eruttive [es. Harris et al., 2005], diminuendo anche il danno economico in caso di perdita della strumentazione a causa di attività eruttive particolarmente energetiche. Così come nel caso di telecamere termiche, anche il radiometro ha trovato un ampio spettro di applicazioni in ambito vulcanologico e in particolar modo nello studio di fenomeni eruttivi di tipo esplosivo [Oppenheimer e Rothery, 1991; Flynn et al., 1993; Burgi et al., 2002]. In questo lavoro si descrivono i dettagli dell’installazione di una stazione radiometrica collocata nell’area sommitale dell’Etna in zona Belvedere, nel sito già utilizzato da una stazione multiparametrica (con sensori sismici e infrasonici) e denominato EBEL. Si descrivono anche la metodologia di trasmissione dati in continuo, il trattamento del dato convertito in temperatura apparente nel campo di vista del radiometro, la visualizzazione in tempo quasi reale del dato e la sua diffusione tramite WEB. La realizzazione di stazioni permanenti di radiometri è stata sviluppata nel quadro delle attività del Settore Tematico di Geochimica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Osservatorio Etneo (INGV-OE) nell’ambito del Progetto APQ Sicilia ed è nata dall’esigenza di fornire un contributo allo studio delle dinamiche di degassamento dai crateri sommitali dell’Etna. Tale progetto è rivolto allo studio di fenomeni eruttivi, quali fontane di lava, attraverso l’integrazione tra dati di temperatura, flussi di calore, dati geochimici composizionali e di flusso (principalmente SO2), dati sismici e dati infrasonici. I dati geochimici composizionali e di flusso sono misurati dalla rete di UV scanner “FLAME-Etna” dell’INGV-OE e con metodologia FTIR- Fourier Transform InfraRed spectroscopy. Purtroppo, durante la stesura del presente rapporto, la stazione multiparametrica denominata EBEL, oggetto di questo lavoro, è andata perduta, sepolta dal flusso lavico emesso durante l’episodio eruttivo del 28 febbraio 2013.

Gestione dei dilatometri installati in pozzi profondi all’Etna
Vol. 258 (2013)

In ambiente vulcanico, al fine di monitorare e studiare l’azione delle sorgenti, è di fondamentale importanza riuscire a misurare con estrema precisione l’espansione/contrazione del mezzo. Questo è ottenibile attraverso l’utilizzo di strumenti noti come borehole strainmeters (o dilatometri da pozzo). Lo strumento di base è da un punto di vista teorico abbastanza semplice. Consiste di un tubo cilindrico, al suo interno riempito di specifico fluido (solitamente olio di silicone), da installare in un foro appositamente trivellato ponendolo in contatto con le pareti rocciose del foro attraverso l’utilizzo di cementi ad espansione, che consentono un perfetto accoppiamento strumento-mezzo. La variazione di livello del fluido indotta dalla variazione dello strain nel mezzo circostante è quindi misurata con estrema precisione attraverso un apposito sensore. I dilatometri da pozzo sono gli strumenti più sensibili alle variazioni dello stato degli sforzi finora realizzati a fini geofisici (sensibilità nominale δV/V fino a 10-12). La tipologia di strumentazione utilizzata nelle installazioni all’Etna è quella nota come Sacks-Evertson borehole strainmeters (o dilatometers) [Sackset al., 1971]. Le principali caratteristiche tecniche della strumentazione sono riportate in tabella 1. Glistrainmeters e l’elettronica di controllo sono prodotti dal Department of Terrestrial Magnetism (DTM) delCarnegie Institution di Washington. I colleghi del DTM sono presenti alle fasi finali d’installazione e di avvio dell’operatività strumentale.